Scopo e obiettivi del sostegno alla genitorialità
Lo scopo del sostegno alla genitorialità è quello di supportare i genitori nel difficile ruolo educativo. Spesso mamma e papà vengono a consultazione perché o si accorgono di alcune difficoltà nella gestione dei figli o quando la scuola segnala qualche difficoltà di comportamento o apprendimento.
Tra le domande più frequenti dei genitori di bambini ‘piccoli’ (0-10 anni) ricordo:
- difficoltà a staccarsi dal seno materno, quindi difficoltà dello svezzamento
- difficoltà nel togliere il pannolino
- difficoltà di addormentamento (es.il bambino ha difficoltà ad andare a dormire nel suo lettino; continua a fare incursioni nel lettone di mamma e papà)
- enuresi notturna
- difficoltà nell’alimentazione (es.rifiuto di mangiare o iperfagia)
- il bambino iperattivo
- il bambino oppositivo
- difficoltà di inserimento scolastico (scuola materna e scuola primaria) e di apprendimento (scuola primaria)
Quando invece a preoccupare i genitori sono gli adolescenti i motivi di consultazione possono riguardare:
- comportamenti provocatori e oppositivi
- difficoltà nel rendimento scolastico
- difficoltà di relazione
- dipendenza da internet
- fenomeni di bullismo
- bulimia e anoressia
Tutte queste difficoltà fanno riferimento a qualcosa che disturba la relazione genitore-figlio a partire dal comportamento di quest’ultimo.
Viceversa ci possono essere situazioni che nascono dal sentimento del genitore stesso e che rischiano di inficiare il rapporto con i figli se non prontamente affrontati. Tra gli esempi:
- la difficoltà ad identificarsi con il ruolo genitoriale
- la separazione
- la gestione del bambino da parte di un genitore single
- la malattia o la morte del coniuge
- la depressione del/dei genitore/i
- la difficoltà ad affrontare una gravidanza indesiderata o inaspettata
- la difficoltà ad elaborare una diagnosi prenatale di sindrome di Down o altra problematica che porta alla nascita di un bambino disabile
- la difficoltà ad affrontare i compiti evolutivi del bambino (dall’ingresso scolastico alla gestione dei compiti, dalla ricerca di autonomia dell’adolescente alla gestione delle richieste del ragazzo/a).
Come funziona il sostegno genitoriale
In tutti questi casi la consultazione prevede tre colloqui conoscitivi ed esplorativi dei genitori o anche solo di uno dei due.
Al termine di questo primo screening viene valutata la possibilità di un lavoro di tipo psicopedagogico attraverso il quale il genitore (o entrambi) viene accompagnato a comprendere il comportamento del figli e l’origine dello stesso, provando poi a trovare il proprio modo congeniale alla relazione con il figlio.
Generalmente questi interventi sono percepiti molto utili dai genitori ai fini di un miglior modo di approcciare ai figli; il risultato che si manifesta in un secondo momento è il miglioramento del comportamento stesso del bambino o del ragazzo, quindi una relazione non più conflittuale, ma costruttiva e soddisfacente.
Un esempio
Un giorno mi contattò la madre di due bambini di 7 e 5 anni, perché esausta dalla gestione di due bambini piccoli, vicini per età e molto richiedenti. La donna, quando venne in consultazione apparve subito molto stanca e preoccupata. Raccontò di sforzarsi molto di essere una ‘buona madre’, dicendo di fare anche cose che non le piacevano, ma che, per il bene dei bambini, pensava andassero fatte. Ogni giorno, almeno in primavera e in estate, li portava al parco giochi e d’inverno invece in ludoteca. Secondo il suo modello ‘ideale’ genitoriale prima arrivavano i bisogni dei bambini, poi i suoi; prima il bisogno dei bambini di frequentare luoghi di gioco tutti i giorni, poi tutto il resto.
Attraverso un breve lavoro di sostegno genitoriale la signora è riuscita a smontare quel ‘benedetto o maledetto ideale genitoriale’ che appunto idealmente la portava troppo lontano dai suoi reali interessi (la musica ed il ballo ad esempio), pensando che il meglio per i suoi figli fosse altrove. Questo atteggiamento fomentava, depauperandola di energia vitale, il conflitto tra l’ideale di un ruolo genitoriale e quello reale (per questo era stanca ed esausta, perché era molto grande la richiesta che faceva a se stessa come madre). Ciò accadeva per un suo senso di inadeguatezza.
Quando, attraverso il lavoro terapeutico e pedagogico combinato simultaneamente, è riuscita ad autorizzarsi ad essere come realmente è, il rapporto con i figli è andato migliorando, nel senso che autorizzandosi a non fare ciò che sentiva pesante (andare ogni giorno al parco giochi) ha iniziato a sentirsi meno stanca, più energica e soprattutto ad condividere con i suoi bambini qualcosa che prima credeva potesse interessare solo a lei: la musica e la danza.
A volte è meglio condividere con i nostri figli ciò che siamo realmente e non come pensiamo che dovremmo essere; il rapporto in tal modo diviene più autentico e costruttivo, libero da ansie e preoccupazioni, quindi basato più sul ‘piacere’ di stare insieme. Questa dovrebbe essere la base per costruire un buon clima famigliare con regole educative e comportamentali condivise.